L'attesa nel surrealismo simbolico di Dino Buzzati
Il
tema dell’attesa in Buzzati
Tematica
universalmente riconosciuta ai testi di
Dino Buzzati.
Avendo,
però, l’abitudine di chiedere a me stessa il perché e la modalità dello
svolgersi delle problematiche, dei quesiti e delle motivazioni, ho cercato di
verificare tale tema nell’esposizione che ne fa lo scrittore.
Il
tipo di “attesa” che vivono i personaggi di Buzzati non è quella della morte ma
un’attesa come fuga dalla morte.
I
protagonisti sognano di sfuggire al destino dell’uomo che è la convivenza con
progetti che non si realizzano, poiché l’uomo non è padrone della sua vita,
della sua salute, del suo carattere e della sua sorte.
L’uomo,
come il personaggio-tipo di Buzzati, è padrone solo dei suoi sogni.
Quindi
riesce a sfuggire alla morte creandosi delle illusioni.
Egli
nutre speranze e illusioni in nome di una vita diversa che il destino non gli
concede.
La
sua attesa è uno stato di immobilità, sinonimo di morte, poiché siamo abituati
a credere che la vita sia solo in divenire e che noi possiamo decidere il suo
evolversi.
Il
pensiero di Buzzati è severo nei confronti dei personaggi perché scrive di
uomini incapaci di dare una pur minima svolta alla vita e per il fatto che i
personaggi non capiscono le leggi del fenomeno Vita e che si accorgono alla
fine di essa di aver sbagliato modus operandi e di non poter rimediare
all’errore, rinnegando in tal modo il
senso della loro esistenza.
Il
loro dramma è l’attesa stessa, che li intrappola nel meccanismo della morte e
non fa loro accettare le leggi naturali.
La
sensazione cardine è quella che Buzzati
proietti al lettore la visione di
innumerevoli pianeti, come sospesi nella bolla dell’attesa di qualcosa, ma che
comunque si respiri, nell’etere galattico, il profumo stantio della morte.
L’attesa
è per i personaggi buzzatiani evasione e fuga dalla morte.
Sono
pianeti privi di movimento e immobili nella fissità della morte di cui è
pervasa la Galassia esplorata da Buzzati.
Solo il lettore dello scrittore di Belluno è in grado di dare motilità a questi mondi sospesi e immobili e il moto di questi pianeti si può tradurre nella forza espressa dalle parole e dallo stile di Buzzati che riesce a trapassare in maniera così feroce il lettore al punto che questi non può ignorare che tali luoghi si affollino nei meandri dei suoi pensieri. Così non posso non collocare il lettore di Buzzati al centro di questa galassia impregnata di Morte, per farlo girare attraverso pianeti aridi e privi di vita, poiché il termine vita riveste l’accezione di continui passaggi e di continuo divenire.
Vi
chiederete cosa privi dell’accezione fondamentale del divenire la vita di
questi pianeti e io vi rispondo che l’immobilità appartiene ai personaggi che
li abitano. Essi permangono in uno stato di attesa perenne che non si risolve e
non ammette arrivo ad una qualsivoglia destinazione che non sia quella di
partenza.
Perché
allora attribuire ai luoghi o ai pianeti questa immobilità che è dei personaggi
creati da Dino Buzzati?
Semplicemente
perché il paesaggio diventa simbolo degli stati d’animo dei protagonisti.
Le
montagne di Bàrnabo e il deserto di Giovanni Drogo vivono nel ciclo in cui il
giorno si alterna alla notte, la primavera si dissolve per una assolata estate
e il trascorrere degli anni usura o cambia la topografia così come gli
abitanti.
I
luoghi cambiano poiché il paesaggio subisce smottamenti, frane e slavine.
Gli
uomini cambiano perché invecchiano sia fisicamente che dal punto di vista della
stanchezza mentale ed emotiva.
Il
tempo scorre inesorabile, i luoghi e le persone mutano.
Paradossalmente
però tutto resta immutato e immobile nello stagnante profumo di morte che
pervade l’aere galattico e in cui i pianeti sono sospesi come dentro una bolla.
Dentro
le bolle in cui stanno sospesi i pianeti l’incantesimo si chiama ATTESA.
L’attesa
che qualcosa accada nonostante niente accada.
Il
sentimento dell’attesa gestisce il pensiero e le azioni dei protagonisti e
investe i luoghi e l’uomo in senso cosmico.
Quando
Bàrnabo (Bàrnabo delle montagne) o Giovanni Drogo (Il deserto dei Tartari)
moriranno, altri abitanti dimoreranno nei loro pianeti con lo stesso
sentimento, con eguale attesa. L’attesa diventa cosmica.
L’uomo
attende qualcosa che non accade e ciò si trasferisce alle montagne, al deserto
e quindi al pianeta.
Solo
il lettore può gestire questo sentimento e al tempo stesso l’atmosfera di
morte, passando da un pianeta all’altro, da un personaggio all’altro, da un
libro all’altro, per poi avere la fallace presunzione di affermare “Eppur si
muove…”, solo perché l’uomo invecchia, il tempo scorre e lo spazio muta.
Il surrealismo di Buzzati
Il surrealismo nacque in Francia nel 1920 con il manifesto di André Breton e durò fino agli anni 40 del secolo precedente.
Il
surrealismo univa il mondo razionale e cosciente con il mondo dei sogni e delle
fantasie in una realtà assoluta o surreale. Il surrealismo letterario cercava di riunire la realtà con
l’immaginazione. Gli autori di questa corrente letteraria creavano immagini e storie, sia oniriche che
fantastiche, che, sfidando la logica, permettevano nuove associazioni di idee
per rappresentare tematiche astratte che rimandassero a mondi non tangibili e
visibili, ma solo percepiti e intuiti da animi
sensibilizzati ed esasperati da traumi irrisolti.
Quella
di Buzzati è una prosa lineare dal piglio giornalistico. Egli riesce a rendere
scorrevole la lettura dei suoi testi letterari, in cui la mente consapevolmente
lascia emergere il mondo dell’inconscio,
immergendosi nelle rimembranze del passato e dei sogni, che Buzzati cerca di
trascrivere appena desto, per rappresentare sentimenti, stati d’animo e
turbamenti.
Lo
scrittore bellunese dona un volto allo stato d’animo o al turbamento e crea
attorno ad esso una storia o per meglio dire una favola in cui esso sia
protagonista.
In
letteratura le idee e i sentimenti sono stati descritti attraverso trattati
filosofici o esempi di storie di taglio psicologico perché essi servissero per
lo scopo pedagogico.
Buzzati
non tedia il lettore con la descrizione o spiegazione dell’origine del
comportamento o sentimento, egli riesce semplicemente a tratteggiarlo e
travolge il lettore col pathos dell’attesa dei protagonisti, immergendolo in
una fiaba che può anche non essere compresa in toto, ma che trapasserà le
sensibilità in una suspense che ad ognuno fa rivivere il proprio fantasma o
scheletro nell’armadio.
Dobbiamo
convenire che la lettura risulta
scorrevole perché frutto di immenso
impegno nella stesura. Infatti anche se Buzzati è uno scrittore surrealista non
ricorre alla scrittura automatica e indotta dei fondatori del surrealismo
francese. Proprio per questa peculiarità pur creando atmosfere da fiaba non si
allontana dal reale e descrive la realtà che la sua visione di vita non separa
da elementi di mistero, non percepiti in toto, perché siamo umanamente impediti
dai limiti degli organi di senso.
Buzzati
però racconta il mistero della vita nella quotidianità e nell’attimo in cui
l’elemento insondabile ci trapassa con eventi inspiegabili e dolorosi. Buzzati
descrive in fondo uomini comuni e normali e non mentalità criminali sondate da
scrittori come Edgar Allan Poe. Egli non descrive patologie ma il mistero che
trapassa l’uomo comune nella normalità e quotidianità.
In
queste tematiche i surrealisti risultano affini al genere noir del romanzo
gotico del XVIII secolo.
Il
nostro scrittore bellunese è però un surrealista simbolico e la sua arte trova
corrispondenza anche nei poeti e scrittori simbolisti francesi come Baudelaire,
Verlaine e Mallarmé e nei simbolisti
anglo-americani come Joseph Conrad.
Non
a caso proprio i simbolisti francesi
subiscono il fascino del romanticismo e si autodeterminano nel simbolismo
rompendo con la letteratura realista e naturalista.
Buzzati
unisce surrealismo e simbolismo, la sua scrittura è surrealista simbolica.
Quanto
sopra analizzato dei retaggi di romanticismo e romanzo gotico, confluenti nel
simbolismo e poi nel surrealismo, nonché l’influenza del filone romantico
statunitense e dei simbolisti anglo-americani, nello scrittore bellunese, possono trovare verifica nella lettura dei
testi degli autori citati comparandoli ai testi buzzatiani.
Il
risultato di tale comparazione sarà la giusta e dovuta valutazione dello
scrittore delle dolomiti e del suo grande contributo alla letteratura italiana
nel mondo.
Buzzati è uno scrittore
che riesce a far percepire ansia, turbamento, paura, terrore e finanche a
sfiorare la pelle del lettore con il brivido dell’imminente catastrofe.
Buzzati non è autore supponente di verità rivelate e, attraverso i suoi finali sospesi, apre nei suoi racconti infiniti interrogativi e risposte, per le diverse personalità e caratteri che vi si confrontano.
I testi buzzatiani appartengono al surrealismo che nel caso specifico bellunese diventa surrealismo simbolico.
Non
condivido una definizione di realismo magico per Buzzati, avendo letto i testi
di Garcia Marques e dell’Allende, nei quali l’evocazione magica segue le
credenze ataviche dei popoli sudamericani,
che invece non appartengono ad
uno scrittore europeo come Buzzati in cui le comparazioni d’oltreoceano sono
con lo statunitense Edgar Allan Poe o col polacco naturalizzato britannico
Joseph Conrad, e quest’ultimo cito per il simbolismo delle opere.
L’attesa è intrisa di morte e immobilità a causa delle domande esistenziali che vi confluiscono e davanti alle quali l’uomo si ritrova in solitudine.
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