Canone inverso, libro di Paolo Maurensig, film di Ricky Tognazzi. Recensione

 





Canone inverso, romanzo del 1996 di Paolo Maurensig, racconta la tragica storia di un musicista viennese, narra dell’infelicità di una pianista, descrive l’insoddisfazione e la ribellione di un ragazzo ricco che suona il violino e della sua amicizia col violinista viennese; folgorazione iniziale seguita dalla corsa retrograda, dal suo conto alla rovescia che usando un termine musicale si chiamerebbe canone inverso e da ciò il titolo del libro dal quale trae il film Ricky Tognazzi nel 1999.

Protagonista del libro in realtà è la musica e ancor più il mezzo che permette l’emissione della stessa, lo strumento musicale, che nello specifico è il violino.

La storia comincia con l’acquisto dello strumento tramite un’asta…Questo violino è uno Stainer ed è forse per questo motivo interessante per l’uomo che lo compra e che potrebbe essere un collezionista ma l’interesse è pure dello scrittore musicofilo, ossessionato dallo strumento poiché pensa di averne conosciuto il vero proprietario che dopo essersi esibito magistralmente in una bettola viennese gli racconta la sua storia, della sua amata, del suo migliore amico e del segreto del violino che narra di suo padre e della sua assenza. Uno strumento conteso, invidiato, regalato e infine venduto in un’asta. Questo forse il senso delle cose, degli oggetti e degli strumenti e non mi riferisco alla mera funzione di essi ma a quello che rappresentano, che significano per noi, agli eventi ai quali hanno assistito… E poi come rappresentare la musica se non attraverso il violino dato che essa è protagonista di questo romanzo? Questo romanzo  testimonia  guerre e tragedie, narra del ricordo che rivive il suo trauma ma che testimonia la tragedia e l’offesa, e non ha lieto fine o redenzione alcuna, infatti è una celebrazione rarefatta alla memoria poiché la storia viene raccontata ma allo stesso tempo non viene certificata come veritiera da colui che non vuole renderla nota e così aleggia come in un sogno o in un delirio reso da sdoppiamento di personalità. Come nella vita il mistero trapela con la velocità di un lampo che subito svanisce, che immediatamente ritorna nel sepolcro per essere dimenticato, che il musicista viennese definirebbe inafferrabile come la musica, come la pianista infelice che egli  amò platonicamente e perdutamente fino alla morte. 



Il film di Ricky Tognazzi mantiene anch’esso la sovranità della musica che è un canone inverso ma dona a due spiriti affini la possibilità di amarsi realmente e tramite il frutto di quest’amore spezzato è resa possibile la riconciliazione tra un padre e un figlio. Un amore che vince la solitudine e che tradisce le parole della pianista infelice “La vita di un musicista è fatta soprattutto di solitudine” e le parole del violinista che dopo essersi esibito nella bettola viennese narra del filo tragico che spezza l’amore, del suo trauma e della tragedia che stava per dilagare. “Siamo morti tutti quella sera a parte la musica perché quella c’è ancora”.

 


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